La tassa bancomat è stata prontamente oggetto di correzione
disconoscimento spese

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«Tassa sul bancomat corretta: non ci sarà la sanzione dal 10 al 50% delle somme prelevate dai conti bancari intestati alle imprese qualora, in caso di accertamenti da parte dell’Agenzia delle entrate, le modalità di utilizzo di tali prelievi non siano giustificate dalle aziende stesse».

A confermarlo Rossella Orlandi, direttore dell’Agenzia, venendo incontro a una presa di posizione di Rete imprese Italia che aveva parlato di «assurda e addirittura peggiore della disciplina vigente», mentre Enrico Zanetti, sottosegretario dell’Economia aveva confermato «il nostro impegno totale per eliminazione dai testi definitivi dei decreti di questi autentici accanimenti burocratici». Intanto, è stato chiarito che la revisione del sistema sanzionatorio sarà «senza scadenza», ovvero la partita non si chiuderà entro il 31 dicembre 2017, visto che aver indicato il termine «decorrenza», in un decreto attuativo della delega fiscale è frutto di «un errore» nel redigere il testo. E (con ogni probabilità) sarà presto il parlamento a correggerla svista. Parola di Luigi Casero, viceministro dell’economia, intervenuto ieri pomeriggio a un seminario sugli ultimi provvedimenti legati alla legge 23/2014, alla presenza, fra gli altri, di esponenti di categorie interessate dalle misure. Lo sbaglio, pertanto, sull’indicazione di un lasso temporale dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2017, ha precisato il numero due del Mef, è nato «con riferimento alle sanzioni amministrative per esigenze di copertura», mentre per quanto riguarda quelle penali «questo problema deve essere superato» mediante il dibattito nelle due camere, quando i dlgs verranno esaminati.

Quanto alla «tassa bancomat», è stata prontamente oggetto di correzione, ha spiegato Orlandi, e così è stata «prevista l’eliminazione di una sanzione impropria, molto pesante, collegata a prelevamenti nel reddito di impresa non rilevabili in modo chiaro, perché non venivano identificati i beneficiari del pagamento», inserendone, al contrario, una «proporzionata, con un elemento significativo di attenzione graduato al differente comportamento». Per Lapecorella tra il 2011 e il 2014 il contenzioso è diminuito del 30%, grazie soprattutto all’introduzione dello strumento della deflazione, malgrado ciò «l’uso di strumenti deflattivi del contenzioso è ancora limitato», e i ricorsi presentati nel 2014 presso le commissioni riguardano controversie il cui valore ammonta a più di 30 miliardi di euro, ha affermato Orlandi. Per il Capo di Stato Maggiore del Comando Generale della Guardia di Finanza Giancarlo Pezzuto per quel che concerne la nuova formulazione del reato di dichiarazione infedele, viene adesso «garantita maggiore certezza per gli operatori, riducendo il rilievo penale alle sole infedeltà dichiarative» scongiurando, fra l’altro, dubbi interpretativi «connessi alla deducibilità o meno di talune elementi negativi di reddito». Fra le richieste al Legislatore dell’ordine nazionale dei commercialisti, rappresentato a Montecitorio dal consigliere Luigi Mandolesi, una sforbiciata, da effettuare «in modo appropriato», alle sanzioni amministrative per l’omessa e l’infedele dichiarazione, con riferimento alle violazioni riguardanti la dichiarazione dei sostituti d’imposta, nonché con riferimento alle violazioni riguardanti la dichiarazione ai fini Iva. Rifacendosi, infine, a quanto delineato da Lapecorella sull’andamento del contenzioso, Mario Cavallaro, presidente del Consiglio nazionale della giustizia tributaria ha affermato che «non è possibile avere una magistratura professionale, capace di dirimere controversie fiscali ormai tutte consistenti», che continua ad essere «non dignitosamente pagata», richieste peraltro sottolineate anche nel corso della recente audizione in Commissione finanze al senato (si veda ItaliaOggi del 9/07/2015).

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