Oggi tutte le banche lavorano alla blockchain
La corsa all’adozione delle blockchain è partita seriamente un po’ in tutti i settori

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Una fase di test che dovrà dare risposta a molte domande, secondo l’Osservatorio Digital Finance del Politecnico di Milano.

Come ha ricordato Valeria Portale, Direttore dell’Osservatorio Mobile Payment & Commerce del Politecnico di Milano, durante la presentazione dell’Osservatorio Digital Finance 2017, dal debutto della blockchain ne sembra passato molto, di tempo. Da quell’immagine negativa, legata all’utilizzo nell’underground economy per la compravendita di droga e per il finanziamento al terrorismo, tanto per citarne un paio. Più che normale che il fenomeno attirasse l’interesse del Regolatore, preoccupato della tracciabilità di transazioni relative a traffici illegali o addirittura a minacce per la sicurezza nazionale.

Anche se, al di fuori dell’innamoramento della malavita, il Bitcoin ha per sua natura molti aspetti che lo rendono ancora più tracciabile rispetto ad altri strumenti di pagamento digitali. Da quel periodo è scoppiato l’interesse del mondo finance per la blockchain, tecnologia cuore del Bitcoin, con la nascita di Ripple, Ethereum, del Consorzio R3, di Hyperledger. Swift ha recentemente presentato il primo proof of concept per i pagamenti crossborder su blockchain.

L’analisi dell’Osservatorio Digital Finance del PoliMI parte dal presupposto di un mondo in divenire, in pieno hype, in cui l’entusiasmo e la sperimentazione prevalgono. Ecco quindi che nell’approcciare il fenomeno blockchain ci si è imbattuti in quasi 200 definizioni, ciascuna con punti di vista leggermente diversi su opportunità e caratteristiche sottostanti. Tutte più o meno concordano su una struttura costruita a blocchi, ciascuno dei quali contiene un numero variabile di transazioni: questi blocchi sono immutabili, la storia della blockchain non può essere riscritta, e la crittografia garantisce la sicurezza dei dati. Tracciabilità, immutabilità e sicurezza come pilastri della blockchain. Ma, passando ai dettagli, le definizioni si fanno molto meno granitiche.

Quando la blockchain dà il meglio di sé e andrebbe utilizzata? Quando mette in contatti diversi attori, eterogenei tra loro, che vogliono condividere informazioni in modo trasparente e sicuro. Più difficile, al momento, scendere nel dettaglio, perché, fanno notare i ricercatori del PoliMI, se di use case in Rete se ne trovano a centinaia, i casi concreti di utilizzo sono davvero pochi. Il Finance, comunque, ci crede: 14 delle principali 30 banche mondiali hanno in corso proof of concept e anche a livello italiano c’è forte interesse per la blockchain.

Interessante il ruolo di “guida” dei fornitori IT, che spesso aiutano le banche a superare una certa confusione sul punto di partenza. Anche perché il lavoro da fare, al di là dei facili annunci sui progetti a venire e sulle ambizioni, resta moltissimo. Il nodo principale è squisitamente legato al business model: la blockchain porta benefici? Quali e a chi? E a fronte di quali investimenti? In altri termini: ma alla fine questa blockchain, oltre a essere bella, funziona?

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