Sace punta sull’export del Made in Italy
Sace: Aspettando lo sbarco in Piazza Affari va sul mercato a caccia di mezzo miliardo

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Il made in Italy alimentare può centrare l’obiettivo di 50 miliardi di export entro il 2020; in particolare, se si concentrerà su dieci prodotti agroalimentari di punta e su dieci aree geografiche rilevanti potrebbe incrementare l’export di 7 miliardi entro il 2018, arrivando a quota 40 miliardi: è la sintesi di un report Sace che sottolinea che quasi il 70% di questo maggior export deriverebbe dalle vendite sui mercati europei (in particolare Regno Unito, Germania, Francia), puntando su vino, conserve e olio di oliva che rappresenterebbero il 50% dell’export aggiuntivo.
Secondo Federalimentare è possibile spingere l’export da 30 a 50 miliardi in 5 anni, con 100mila nuovi posti di lavoro, ma per realizzarlo bisogna intervenire sui fattori che frenano le imprese: avere un contesto normativo europeo favorevole e intervenire sulle barriere tariffarie e non tariffarie. Insomma si tratta di mettere in campo strategie politiche di breve e medio termine mentre nell’immediato «ritengo sostenibile aumentare l’export di vino da 5 a 7,5 – osserva Denis Pantini, direttore dell’area agricoltura e industria alimentare di Nomisma – anche se c’è stato un forte rallentamento: Tuttavia l’indebolimento dell’euro e l’ampia disponibilità di materia prima lasciano ben sperare».
Diverso il caso dell’agroalimentare nel suo complesso. «Per crescere del 50% – conclude Pantini – dovremmo aumentare enormemente anche le importazioni di materie prime agricole e questo è tutt’altro che facile».
Nell’agroalimentare l’Italia ha una quota di mercato mondiale del 3,1%, in linea con quella spagnola – recita il report di Sace – ma inferiore alle quote degli altri competitor, comprese tra il 4,6% della Cina e il 10,3% degli Stati Uniti. Selezionando i dieci comparti di punta del nostro export agroalimentare (che rappresentano il 57% del totale), i risultati sono molto eterogenei a seconda dei settori, con picchi di eccellenza per la pasta (37,5%), l’olio d’oliva (25%) e i vini (19,3%). L’Italia risulta inoltre ben posizionata anche in comparti meno noti, come la frutta fresca (specialmente mele e pere), salumi e insaccati, formaggi e latticini e conserve vegetali.
Tuttavia, a eccezione della pasta, negli altri settori avvertiamo la concorrenza di altri paesi nell’arena internazionale per la qualità dei loro prodotti alimentari. La Germania ha quote più alte nei comparti di formaggi e latticini, salumi e insaccati e caffè, Stati Uniti e Cina nell’industria conserviera e nella frutta fresca, mentre la competizione con la Francia sul vino e con la Spagna sull’olio è storia dell’ultimo decennio.

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